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Essere fessi paga!

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Questo titolo potrà esser travisato, però adesso voglio spiegarvi tutto. Voglio spiegarvi perché due settimane fa vi ho detto d’essere fesso.

La questione è semplice. Nella vita esistono sempre (sempre!) due strade, due vie, due possibilità, due sentieri. C’è la strada facile, bella spianata, con le piantine ai lati dal buon profumo e poi c’è l’altra. L’altra non è l’esatto opposto di ciò che vi ho detto prima. Non è il classico paragone nero-bianco, dolce-salato. L’altra è una strada particolare, o meglio, è l’idea di una strada.

La prima puoi prenderla per caso o volontariamente. Puoi dire toh, guarda… a che ci siamo…! oppure puoi proprio cercarla prima di fare un passo. La seconda invece è difficile (difficilissimo!) finirci per caso. Semplicemente perché non ci si perde in una strada che non c’è. Epperò, puoi sceglierla.

Il punto è questo: sono un fesso perché io le strade già incluse nelle cartine non le amo.

Ho dei colleghi che avranno una media migliore della mia ma che non sanno formattare il computer (e che vengono a chiedermi una mano per farlo). Ne ho altri che mi dicono che Linux è bellissimo (esclusivamente perché fa figo dirlo) ma poi usano sempre Windows e a mala pena cambiano il browser installato di default. Non conoscono foobar (giusto per parlare di strumenti – banalissimi – del loro “territorio). Ne ho altri che sono ancora peggio e io, forse per educazione, forse perché non ho un rapporto con loro abbastanza stretto, non ho avuto il coraggio di dirglielo. Un esempio è un collega che ha scoperto la sua passione: “creare siti web” (che già detta così è tutto un programma) e che poi ti fa vedere una sua opera: sprovvista di DOCTYPE, priva di CSS e totalmente all’oscuro di quale differenze passino tra gli standard HTML. Roba. Da. Provare. I brividi.

Ma c’è anche chi non ha mai aperto un computer. Chi non s’è divertito a scoprire cosa siano i timing della RAM o semplicemente conoscere i diversi tipi di socket di una CPU o l’ebrezza di creare un RAID con i propri hard disk.

Ecco, questi però hanno una media universitaria migliore della mia. Così io, per lo Stato, per chi legge carte e numeri, sono un fesso.

E probabilmente un po’ fesso lo sono… perché fino all’ultimo avevo due possibilità: la strada spianata e l’idea di una strada.

Mesi fa è arrivato il momento della tesi e nella mia facoltà c’è una possibilità bellissima: il professore ti assegna un documento scientifico, tu lo traduci (essì, mica si fa ricerca in Italia…), lo impagini in maniera carina et voilà, tesi pronta. Un mio collega l’ha preparata in tre giorni (no, non scherzo).

Io invece, come vi dicevo, sono fesso. A Marzo avevo un’idea. Volevo unire la tesi ad un argomento utile. Volevo che non rimanesse carta da conservare su una libreria. Ho scelto di trattare le smart grid, un argomento che rivoluzionerà il mondo nei prossimi vent’anni.

Però ecco, l’idea – come avrete capito – non è una strada spianata. Non avevo materiale, non avevo un documento del professore, non avevo neanche una scaletta degli argomenti da trattare nella tesi. Ho dovuto cercare tutto.

Iniziai ad Aprile-Maggio, sfruttando l’occasione del tirocinio nell’azienda che ora mi offre il lavoro, continuai a Ottobre. Ho letto decine di documenti, dai resoconti annuali dell’Enel ai paper prodotti come studio di fattibilità per il governo americano. Ho analizzato slide-per-slide persino le presentazioni dei convegni della OSISoft, un’azienda che sforna un software stupendo per la gestione dei processi industriali.

Ecco, alla fine io ho scritto la mia tesi, il professore fortunatamente è stato felice al primo colpo ma io più volte mi son chiesto se ne fosse valsa la pena. Alla fine la risposta è si. Mi è valsa l’assunzione in azienda.

E così io tra qualche giorno vado a laurearmi. Tra i colleghi sarò il fesso con la media più bassa, ma io, dentro me, so quale abisso divide una persona che segue una passione da chi si ritrova in un corso di laurea perché l’ha pescato dal mazzo.

C’è la strada e c’è l’idea.

Emanuele


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